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giovedì 3 agosto 2023

Oggetti Non Intelligenti - Racconto di Fantascienza Umoristica sulle Intelligenze Artificiali

Dopo la prima, felice esperienza del 2017 con "Diversamente vivi", nella travagliata (per l'Italia) estate 2021 un secondo mio racconto breve di fantascienza umoristica compariva sulle pagine de il Cittadino, in una nuova iniziativa sponsorizzata da Urania per portare la fantascienza a un pubblico generalista.

Il racconto si intitolava "Oggetti non intelligenti".

Da oggi potete leggerlo, o rileggerlo, per intero e gratis, qui sul mio blog.


Al contrario di "Diversamente vivi", non siamo su Marte ma sulla Terra; non ci sono alieni, bensì androidi e intelligenze artificiali. Eppure anche questa storia è uno sfottò, un sottile e grasso sfottò. 

Breve quarta di copertina del racconto.

"Lino, giovane influencer, è furioso: deve firmare un importante contratto con la TV ma è bloccato nel traffico con un navigatore satellitare stupido. Come se non bastasse due poliziotti robot lo fermano per un controllo. 
"Dannate intelligenze artificiali", brontola. Non sa cos'altro lo aspetta..."





Oggetti non intelligenti

di Valeria Barbera


Lino sbuffò: il tir si era piazzato davanti impedendogli il sorpasso. Guardò Paolo sul monitor.
– Ti avevo detto di accelerare!
Il pilota automatico corrugò il volto digitale. – C’era il limite di trenta chilometri orari.
 – Bravo! Così siamo di nuovo imbottigliati! Trova una scappatoia o ti rottamo.
Paolo tremolò ed emise un gemito elettronico.
Il bluemouth trillava. Lino lo agganciò all’orecchio.
 – Pronto!
 – Dove sei? Barulli è qui.
Picchiò il pugno sul volante. Dopo anni di gavetta su I-Tube aveva l’occasione di sbarcare in TV e si era impantanato per colpa di un ammasso di circuiti.
 – C’era traffico, ma si è sbrogliato.
Una bugia. Il tir procedeva a rilento.
 – Dimmi quando arrivi, così lo tengo buono.
Lino coprì il microfono. – Paolo, allora? 
 – Devi svoltare qui a destra. Però allunghi un po’.
 – Quanto ci vorrà?
 – Tredici minuti e cinquantadue secondi. Alla massima velocità consentita.
 – Max, dieci minuti e arrivo. – Si sfilò il bluemouth.
Paolo si morse il labbro di bit. – Non riusciremo mai in dieci minuti.
 – Sì, se guido io. Togliti e fammi da navigatore.
Sul monitor comparve una cartina stradale con il percorso in risalto. Lino imboccò la via indicata. 
 – Vai dritto – gli disse Paolo. – Gira a destra. È rosso, fermati.
Invece Lino premette l’acceleratore. Una figura femminile scese dal marciapiede con un vassoio in mano.
 – Frena! – strillò Paolo.
Lino inchiodò giusto in tempo. La ragazza lo fissava con gli occhi color giallo sole.
 – Per poco non la falciavi – lo ammonì Paolo.
Lino fece spallucce.  – Un elettrodomestico in meno in circolazione.
La “ragazza” era Gloria e quello sul marciapiede era il gazebo del bar dove lavorava.
Lino sogghignò: lo scherzo che le aveva fatto tempo prima gli aveva procurato un milione di visualizzazioni e l’interessamento di Barulli. Ecco a cosa servivano davvero i robot.
Le fece segno malamente di sloggiare. Gloria arretrò. Lino pigiò l’acceleratore e le gomme stridettero. Le curve, il tunnel. E il rettilineo alberato. Via libera, finalmente!
 – Paolo, quanto manca?
 – All’arrivo o allo schianto?
 – Spiritoso. 
 – Rallenti e accosti.
Le ultime parole provenivano dal monitor, ma erano state pronunciate dai poliziotti che lo avevano affiancato in auto. 
Lino imprecò fra sé. Con tante strade dove appostarsi, avevano scelto quella deserta.
 – Accosti, prego.
 – Tutta colpa tua! – ringhiò a Paolo mentre parcheggiava.
Gli agenti scesero dall’auto e gli si avvicinarono.
Erano in due, un colosso e un tappetto. Si tolsero gli occhiali da sole e rivelarono iridi gialle. 
Cybercops. Ormai gli androidi erano ovunque.
Il colosso parlò.  – Lei ha superato di sessanta chilometri orari il limite di velocità. 
 – Mi scusi, agente, sono in ritardo a un appuntamento.
 – Col gin? Si sente l’odore. Ha bevuto?
 – No.  
Sì, al bar, ma era uno shottino.
Il colosso si chinò e gli piantò gli occhi addosso. – Sicuro? L’analisi a infrarossi rivela una quantità sospetta di alcol nel sangue.
 – No, io…
 – Scenda dall’auto. 
 – Per quale motivo? 
 – Una verifica dei riflessi. Non ci vorrà molto. Certo, se preferisce andare in centrale... 
 – No, vengo!  – Lino uscì e si ritrovò nell’ombra del colosso.
 – Iniziamo – disse quello. – Allarghi le braccia e chiuda gli occhi. Ora unisca gli indici. 
Lino fremeva d’impazienza ma sentì le dita toccarsi.
 – Bene. Aspetti qui.
Riaprì gli occhi. Il colosso era di spalle e parlottava con il tappetto. 
Il bluemouth trillò. Ancora il suo agente.
 – Guarda che Barulli deve prendere l’aereo.
 – Max, scusami – bisbigliò allontanandosi. – Due imbecilli di cybercops mi hanno fermato, ma ora è tutto a posto, arrivo tra…
Qualcosa gli strappò il bluemouth dall’orecchio.
Il colosso lo fissava truce, il dispositivo sbriciolato nella mano.
 – Gli imbecilli hanno appena iniziato.


Più tardi...


 – E hop! – esclamò il colosso.
Lino superò con un salto una vecchia cassetta di legno messa a terra, ma ricadde male e sfiorò il palo della luce. Si raddrizzò, emise un nitrito e riprese a trottare. Sudava e ansimava, gli facevano male i piedi e la gola. I cybercops lo avevano obbligato a imitare cani, asini e scimpanzé. Ora pure il cavallo. 
Il tappetto disse. – La coordinazione sembra buona.
Il colosso mugugnò: – Insomma. – Estrasse dalla tasca un malloppino di stoffa e lo porse a Lino.
 – Venga, signore, tenga questo.
Lino lo prese e lo dispiegò. Era un tutù rosa.
 – Che ci faccio?
 – Lo indossa e danza. Così possiamo terminare la verifica motoria.
Lino gli gettò il tutù in faccia. – Ma a voi non funzionano i circuiti!
Il colosso lo afferrò per un braccio. – Okay, è in arresto per guida in stato di ebbrezza e aggressione a pubblico ufficiale.
Lino piantò i piedi per terra. – No, vi prego, devo firmare un contratto! È importante!
E quando gli ricapitava di portare il suo show in TV?
 – Signor Lino, cosa succede?
La robot del bar. Era passata di là.
 – Gloria! – Lino si divincolò dal colosso e corse da lei. – Aiutami! Spiegaglielo tu che non ho bevuto niente. Tra voi vi capite.
Gloria storse la bocca. – Ma certo, tra noi “elettrodomestici” ci capiamo. Cari agenti, vi presento Lino il Joker, famoso per i suoi scherzi ai danni dei nostri simili. Come si chiama il tuo show su I-Tube? “Candid Camera Ih-Ah”, vero? “Ih-Ah”, come fanno gli asini. Perché noi siamo imbecilli, oggetti da umiliare e deridere. Esseri inferiori.
Il colosso sghignazzò. – Talmente inferiori da avere recitato la parte dei poliziotti per restituirgli lo scherzo che ha fatto a te.
Gloria batté le mani. – Davvero, Alex? Mio eroe! – Lo baciò sulla bocca.
Lino ribolliva. – Mi avete fatto…
 – Una candid camera – gongolò Alex indicando la telecamera sul palo della luce.
 – Maledetti! – Lino si lanciò su di lui ma quello si scansò. Centrò il palo con la faccia e rotolò a terra. Piagnucolava e si teneva il naso sanguinante. – Dovevo andare in TV!
Alex fece spallucce. – Be’, intanto andrai in onda sul web delle IA e degli oggetti intelligenti. E anche su quello degli oggetti non intelligenti, mi sa.
 – Oggetti non intelligenti? – chiese il tappetto. – Chi sono?
Alex accennò a Lino, pesto e infuriato.
 – Gli umani, no?


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